PM = particolato inquinante nell’aria – Cos’è? Dove finisce?

PM = particolato inquinante nell’aria – Cos’è? Dove finisce?


Abbiamo descritto negli scorsi giorni le condizioni che hanno favorito l’addensamento delle sostanze inquinanti nell’aria respirabile: volevamo superare la semplice notizia e porre l’accento principalmente sul fenomeno, per analizzarlo ed individuare quel che occorre fare, dunque affrontare il problema ed eventualmente provare a risolverlo.

Focalizzandoci sulle polveri fini si è già osservata la loro provenienza dai vari utilizzi della combustione, e dal traffico stradale, e dalle attività lavorative: sono polveri carboniose, fumi, ceneri, metalli ed ossidi metallici, particelle di terra e roccia, di cementi e asfalti, di gomme e plastiche, … Non trascuriamo le polveri di origine naturale trasportate da pioggia e vento, provenienti per esempio dai deserti o dagli incendi o dalle eruzioni vulcaniche: sono la maggior parte delle polveri sulla Terra, ma nelle città e nelle zone abitate risultano meno importanti di quelle prodotte dalle attività umane. Volendo essere precisi, le polveri solide sono solo uno dei costituenti del PM = particulate matter, pur essendone la parte più consistente: in realtà nel PM confluiscono anche degli aerosol (dunque goccioline microscopiche liquide di varia origine e composizione); poi ossidi residui della combustione (d’azoto, di zolfo, …) che possono decantare a terra o salire negli strati umidi e trasformarsi in acidi (nitrici, solforici, …); infine carburanti incombusti provenienti principalmente dai motori a combustione (autoveicoli, generatori e compressori da cantiere, attrezzi da giardino e da pulizia, …). Le indagini attuali si concentrano soprattutto su due diversi tipi di PM caratterizzati dalla dimensione molto piccola delle particelle –PM10 e PM2.5– che possono essere assorbite dall’organismo; particolati di maggiori dimensioni sono meno problematici perché velocemente si depositano a terra e meno si assimilano, mentre quelli ancor più sottili –PM1.0 o PM0.1– non vengono monitorati, pur essendo pericolosi, perché occorrerebbero complesse analisi di laboratorio che non possono essere eseguite localmente.

La legislazione vigente in molte nazioni pone agli scarichi inquinanti dei limiti che non andrebbero superati per non compromettere la salute dei cittadini. Ma le cose non sono tanto semplici nell’attuale modo di vita umano: ridurre od addirittura eliminare gli scarichi comporta una rivoluzione epocale delle abitudini maturate soprattutto negli ultimi cent’anni. Occorrerebbero mutamenti culturali (di mentalità, di consuetudine, di tecniche adottate) che necessitano di tempi lunghi e sono ancora solo agli inizi: anche ostacolati dall’inevitabile inerzia di molte scelte strategiche della politica e dell’economia, ma pure dai problemi sociali legati alle capacità di spesa delle nostre famiglie (= i prodotti ambientalmente virtuosi costano ancora molto all’atto dell’acquisto). Non diciamo qui che non si sia fatto nulla per attenuare i problemi: in effetti negli ultimi decenni la situazione dei particolati inquinanti è qualitativamente un po’ migliorata col controllo delle emissioni ed il progresso tecnico: senza bisogno di tornare storicamente ai grandi agglomerati urbani del Rinascimento (Parigi e Londra , per esempio, erano appestate da rifiuti e fumi e scarichi), ancora oltre la metà del secolo scorso il riscaldamento e le cucine a carbone erano diffuse nelle cittadine padane, e nelle Aziende Metallurgiche e Fonderie i forni di trattamento e fusòri scaricavano nell’aria i prodotti della combustione di carbone e nafta; anche gli scarichi dei motori automobilistici erano molto meno controllati, e si potevano respirare per esempio gli antidetonanti al piombo. Non si disponeva ancora di strumenti di verifica dello stato dell’aria, e la regolamentazione degli scarichi era in fase di sviluppo. Se da una parte ora molte sostanze pericolose sono state eliminate da combustibili e carburanti -e si possono anche utilizzare complessi filtraggi degli scarichi- globalmente e localmente si verificano spesso massicce concentrazioni di PM per il moltiplicarsi delle apparecchiature utilizzate. Se guardiamo alle condizioni in Europa, permangono due zone geografiche molto sensibili ai particolati inquinanti, soprattutto per la densità di urbanizzazione e di industrie: sono situate all’incirca nel territorio polacco e regioni limitrofe, e nell’intera Pianura padana (che è oggi considerata la più grande megalopoli diffusa dopo quella di Bombay in India). In ogni caso le attenzioni riservate dall’Organizzazione mondiale della Sanità alle malattie ed ai decessi da particolati inquinanti lascia poco margine al dubbio.

Sarà necessaria una miglior conoscenza personale perché probabilmente siamo abituati a focalizzare il problema in maniera troppo superficiale, e solo quando tra le cattive notizie dall’Informazione viene evidenziato il superamento dei limiti di concentrazione dei PM o degli ossidi d’azoto o dell’ozono nell’aria respirabile.

Per approfondire andando oltre la notizia, domandiamoci: “cosa succede quando gli inquinanti hanno concentrazioni entro i limiti di sicurezza e non se ne parla?”. Concentrandoci sul PM e sugli ossidi inquinanti, non dobbiamo pensare che scompaiano magicamente quando non superino i limiti di pericolosità stabiliti: vengono prodotti esattamente negli stessi quantitativi ma semplicemente si diluiscono maggiormente nell’aria. In questo caso costituiscono un minor pericolo immediato per la respirazione, tuttavia continuiamo ad assorbirli -pur più lentamente- giorno dopo giorno e la loro pericolosità rimane latente almeno nel lungo periodo

Soprattutto nelle zone cittadine maggiormente abitate (elevato numero di impianti di riscaldamento accesi, aria “intrappolata” tra gli edifici molto ravvicinati) o trafficate (numero di veicoli circolanti, magari in colonna, superiore alla media) o nelle vicinanze di certi insediamenti industriali che hanno scarichi di processo… localmente i valori di concentrazione dei PM presenti nell’aria possono superare quelli valutati mediamente per l’intero agglomerato urbano: avviene perché le centraline di misurazione sono forzatamente in numero finito e vengono posizionate a scacchiera sul territorio.

Per chiudere il ciclo, nel loro percorso molte sostanze emesse non si depositano a terra ma per movimenti d’aria salgono in atmosfera, accumulandosi ed anche subendo trasformazioni chimiche o fotochimiche. Ricadono al suolo successivamente (nelle acque, nel terreno coltivato, in giardini e strade, …) con le precipitazioni piovose: così si rimettono in circolo nell’aria od entrano diversamente nel ciclo biologico di persone ed animali e piante. È il caso per esempio di ossidi che reagiscono chimicamente nelle nubi ricadendo al suolo come piogge acide.

Piace qui segnalare come utili un paio di approfondimenti, direi ben fatti, realizzati da due istituzioni accreditate:

 

CONSEGUENZE PER LA SALUTE – Respirare polveri fini e -più in generale- PM ed ossidi ed altri inquinanti nell’aria… risulta nocivo per i polmoni e (come dimostrano gli studi più recenti) per altre funzioni dell’organismo, circolazione sanguigna ed attività cerebrale.

… continua prossimamente

 

COME ELIMINARE LE EMISSIONI NOCIVE? – la tecnica dispone oggi di appareccchi ad emissioni ridotte od addirittura nulle. Si tratta di avviare un processo di razionalizzazione e sostituzione delle apparecchiature di vecchia generazione…

articolo seguente

Giuseppe

Studi: Liceo Scientifico Legnano; Ingegneria Meccanica – Politecnico di Milano. Progettista e ideatore di meccanismi ed attrezzature oleo-pneumatiche, impianti automatici e robot meccanici industriali.

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